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mercoledì 28 dicembre 2011

Executive, business, premium e standard, ora si chiamano così - Trenitalia e le nuove classi

Ricordo che quando  vidi per la prima volta il film “Titanic”, rimasi molto turbato dalla rappresentazione che se ne faceva della società inglese dell’epoca, divisa in prima, seconda e terza classe. Era il 1997, avevo sette anni, era la prima volta che venivo in “contatto”, o almeno avevo testimonianza di forme di ingiustizia così eclatanti e così tollerate, in passato. Prontamente mia madre mi rassicurò “non preoccuparti, non esistono più le classi, sono state abolite tanto tempo fa!”.
Nel 2001 presi il mio primo treno da Napoli a Milano. Rimasi nuovamente colpito leggendo sul mio biglietto “Classe seconda”. Mi tornò subito in mente una scena del film, quella in cui i passeggeri salgono sulla nave, i più ricchi sul ponte e i poveri nella stiva. Certo, era solo l’idea di un bambino di undici anni, e mi accorsi presto che non c’era nulla in comune con l’antica suddivisione in classe, che la mia seconda classe non aveva nulla a che fare con quella di un tempo e che, soprattutto, la prima classe di quel treno non aveva nulla a che vedere (in termini di sfarzo) con la prima classe del Titanic!
Col tempo mi sono anche abituato all’idea che chi vuole e può spendere per avere qualche confort in più è libero di farlo, che ognuno è libero di spendere i suoi soldi e viaggiare come vuole, ecc…  (anche se aggiungerei: a patto che a tutti sia data la possibilità di muoversi, ma lasciamo stare).

Ora, il 28 novembre di quest’anno, Trenitalia ha inaugurato un nuovo Frecciarossa che prevede, oltre alle due classi di viaggio, quattro livelli di servizio, executive, business, premium e standard. Insomma, non bastavano due classi. Eppure a primo impatto la notizia non sconvolge più di tanto, anzi, si poteva quasi pensare che un’iniziativa del genere potesse essere tesa a ridurre gli elevatissimi costi dei biglietti aumentando il prezzo del livello più alto. Questo è avvenuto realmente, ma mentre il biglietto più costoso, quello per l’executive, sulla tratta Napoli-Milano Milano-Napoli, ha raggiunto i 219€ sola andata (la prima classe su un Frecciarossa normale costa 133€), il biglietto standard è sceso a 95€ (di solo 5€ rispetto a una normale seconda classe), mentre il livello direttamente successivo, il premium, arriva a 113€.
Insomma, un risparmio di 5€ per le “classi più basse” o, se preferite, per chi vuole spendere meno, sempre più opzioni per la prima classe.
Non bastava il “welcome drink, con prodotti di alta qualità della tradizione italiana e un quotidiano al mattino”, bisognava offrire “8 poltrone singole in pelle con reclining fino a 138° e poggiagambe regolabile”, per chi sceglie executive! Non sarebbe, invece, stato più opportuno garantire almeno un posto in piedi, non dico neppure a sedere, sui treni a lunga percorrenza alle migliaia di studenti e lavoratori che avevano necessità di tornare a casa per le vacanze di Natale?
Oppure, era così improrogabile offrire  “una elegante sala meeting dotata di un tavolo riunioni, 6 sedie di design Okamura ed un monitor HD 32 pollici” o forse sarebbe stato più giusto investire sui treni regionali e migliorare di un minimo la vita dei pendolari?
Era così indispensabile un’“Area del Silenzio” per i clienti business class, o forse erano più utili, a molti più viaggiatori, gli espressi notturni soppressi da dicembre, col taglio di 800 dipendenti delle ferrovie?

Tutto questo per permettere a chi ha bisogno di andare da Milano a Napoli o viceversa, di pagare 5 euro in meno sul biglietto standard (ricordiamo che anche la scelta di treni diversi è molto scarsa, visto che gli intercity sono stati ridotti a 3 al giorno e i notturni soppressi).
Inoltre, visitando il sito di Trenitalia, per maggiori informazioni,  in fondo alla descrizione del livello standard leggiamo: “Per i clienti Standard è disponibile un carrellino bar per l’acquisto di prodotti food, bevande calde e fredde e caffè espresso in sostituzione dell’accesso alla carrozza bar/ristorante riservata ai clienti Executive, Business e Premium. Ai clienti del livello Standard non è consentito l’accesso alle carrozze Premium, Business e Executive”.  Ripetiamo: ai clienti del livello Standard non è consentito l’accesso alle carrozze Premium, Business e Executive! Quindi non solo meno servizi per chi paga meno (come è giusto che sia, dopo tutto), ma addirittura ai viaggiatori standard sono interdette le altre carrozze!
Nella classica divisione in due classi questo non è previsto. Un viaggiatore di seconda classe può tranquillamente raggiungere la prima, ovviamente senza usufruire dei servizi  dedicati, e la carrozza ristorante è accessibile a tutti i viaggiatori, anche perché il servizio bar non è compreso nel prezzo del biglietto di prima classe, quindi sia i viaggiatori di seconda che di prima possono usufruire del bar pagando i prodotti allo stesso prezzo, ovviamente.

Ora, il problema non sta nel carrellino in sostituzione del ristorante. Può non interessare il servizio bar, sicuramente a nessuno interessa alzarsi e andare in prima classe a fare un giro, probabilmente a nessuno peserà di non poter accedere all’executive, ma marcare questa divisione esplicitando che a chi sceglie standard è vietato l'accesso alle altre carrozze, appare come una scelta tendenziosa, se non classista (giustificata così: «se hai prenotato un viaggio Milano-Roma in Executive  certo non ti aspetti che il bar sia sovraffollato»), di sicuro più in linea con un'idea elitaria di trasporto che con quella di servizio per tutti i cittadini.
A dimostrazione di ciò, sta anche il fatto che si parla comunque di treni il cui costo resta in ogni caso molto elevato, inaccessibile a parte della popolazione, e di linee che coprono una percentuale minima del territorio nazionale, ma sulle quali si concentrano l’attenzione e, soprattutto, gli investimenti del gruppo Trenitalia.
Non c’è nulla di male nel voler offrire un servizio sempre migliore ai propri clienti, ma questo non deve andare a discapito dei servizi minimi. Bisogna prima coprire le necessità di chi per lavoro o per studiare deve spostarsi da una parte, da qualsiasi parte dell’Italia, a un’altra, poi si pensa a garantire il massimo confort durante il viaggio. Prima si investe per incrementare e migliorare le corse dei treni per i pendolari, poi si può pensare al servizio di ristorazione in executive. Prima ci si impegna a coprire l’intero territorio nazionale, raggiungendo anche quelle zone da sempre isolate dai collegamenti col resto del paese, e solo in seguito si passa a potenziare le linee ad alta velocità.
Non si può continuare ad alzare l’apice, mentre la base si sgretola.

Salvatore Mazzeo - Link Sindacato Universitario Milanese 

martedì 25 ottobre 2011

Tristemente politica…

Antipolitica. Si sente spesso questa parola. La si rivolge in particolare contro ogni partito, contro la classe politica in sé, presa come il nemico istituzionale del “popolo”, autoregolato e abiogenetico, che ricerca nella spontaneità una forma di movimento. Il primo vero e proprio risultato di tutto questo è stato il Movimento 5 Stelle, nato come il V-DAY. Molti ritengono che questo sia un moto nato dall’esigenza di dire no a questo continuo carosello di idiozie e superficialità, che la politica di salotto ha espresso da qualche anno a questa parte.
C’è da dire che il cosiddetto salotto politico c’è sempre stato: non penso che fosse tanto diverso ai tempi di Berlinguer. Il problema è meramente linguistico: assenza di argomenti, proprietà di linguaggio medio-basse, discorsi senza alcun nesso logico... Per avere un riscontro basterebbe dare una lettura alle dichiarazioni rilasciate all’ANSA, oppure guardare un normale dibattito politico (non Porta a Porta).
Da qui abbiamo avuto un collasso dell’attenzione mediatica sui fatti, ed una concomitante generalizzazione effettiva del non-argomento, un privilegio per l’insulto e la caciara. Anche perché la classe politica dirige sotto certi aspetti, anzi, sotto ogni aspetto, l’informazione, in tutti i suoi particolari; questa è la situazione ormai da anni: i giornali sono lottizzati, così come la televisione italiana nazionale.
Infatti, ogni partito ha il suo lotto, se lo gestisce, se lo coltiva, se le canta e se le suona, provocando così un condizionamento totale del giornalismo.

Se consideriamo i movimenti antipolitici, notiamo come essi siano inorriditi dalla forma dei politici, dalla loro estetica, dalla loro morale, dal rovesciamento di ogni effettività, a seconda del proprio utile: una classe politica sempre più chiusa nel palazzo. È un’espressione che è stata spesso usata, solo che in questo caso è un’affermazione “né vera, né falsa”.
Mi spiego: effettivamente i politici non sono distanti mediaticamente (rispondono esclusivamente alle loro condizioni, sono dovunque e sono sempre i soliti), piuttosto lo sono eticamente, perché “vivono in un mondo che non è quello di tutti i giorni, in un altro mondo”. Questo insieme, sommato all’abbassamento del linguaggio, al suo involgarimento, ha giustificato la rabbia che oggi colpisce molti cittadini. La crisi di oggigiorno, europea, non è servita a giustificare il particolare per cui “sono sempre i soliti a pagare”.
Sì, sono tutte valide ragioni, ma non per NON fare politica, bensì per farla, per cambiarla. Ed è questo che in realtà si sta facendo con il movimento degli indignati, o con le riunioni in piazza Duomo di ragazzi che cercano di proporre un’alternativa al sistema politico contemporaneo (per chiunque volesse frequentare le loro assemblee, sono alle 19.30 in piazza Duomo).

Il vero movimento antipolitico del XXI secolo è nato in realtà in un anno preciso: il 1994, la scesa in campo di Berlusconi, che ha provocato il processo di decadimento delle idee nel dibattito pubblico, portando, anzi, riportando a galla, slogan appartenenti al dopo guerra, contro il comunismo, l’illiberalismo, i governi bolscevichi (aiuto i russi!); dei concetti anacronistici. Da qui è nato il più grande partito apolitico della Storia: Forza Italia. Partito che si è sempre posto contro la Politica, giustificando così l’annientamento della proprietà di linguaggio, prerogativa di un passato vecchio e purulento, praticando il più basso populismo, secondo il quale alla gente si deve parlare terra terra.

Bassezze, volgarismi, gestacci, sono diventati all’ordine del giorno. La reazione? Antipolitica! Giusto? No, perché l’antipolitica l’ha fondata la stessa classe politica contemporanea che critichiamo.
Cosa c’è di più antipolitico di ministri che non hanno le minime conoscenze per svolgere il proprio ruolo istituzionale, o che addirittura sono indagati per collaborazione esterna in attività mafiose? Cosa c’è di più antipolitico delle lotte contro i magistrati rossi-comunisti-mangiabambini? Cosa c’è di più antipolitico di un ministro della Repubblica che alza il dito medio in una manifestazione pubblica? È politico un governo che riceve il finanziamento pubblico ai partiti, da cui traggono un enorme guadagno ingiustificato, già abolito da un referendum? Ma soprattutto, è politico un governo che, in periodo di crisi, taglia linearmente la ricerca, che è il primo passo per iniziare a crescere (della serie: l’ignoranza è l’oppio dei popoli)?

Tutto questo che vediamo oggi non è politica. Per questa ragione avocare ai movimenti moderni il pregio di essere lontani dei partiti è sbagliato: i partiti non sono il male assoluto. Piuttosto abbiamo assolutamente bisogno di ricostituire il concetto di Partito Politico, votato al discorso, al dibattito, alla dialettica, e a fare da medium per degli ideali. Partito come mezzo, non come fine (per ottenere il potere).
Con questo non voglio evocare un passato idilliaco. Craxi, Andreotti, La Malfa, Cirino Pomicino ecc. non sono la classe politica che rimpiango. Bisogna rifondare il concetto di partito, farlo evolvere, cercare di ritornare ad avere un punto di riferimento in esso, perché altrimenti corriamo sempre più il rischio di avanzare battaglie monche, senza organizzazione, la quale spesso si rivela carente senza un punto di riferimento (un esempio è la manifestazione del 15 ottobre, fallita per un’incuria totale del lato organizzativo). Movimenti come quello per l’acqua, hanno ottenuto un grande successo perché avevano dietro un’organizzazione ferrea e motivata. Ricordiamocelo.

P.s.: La normalizzazione del fango in politica è un altro dei nostri grandi mali, perché nega a molti giovani, che magari fanno parte di un qualche partito tradizionale, la possibilità di far valere le proprie idee, per un mero pregiudizio etico-morale; inoltre il partito oggi concepito è rigido, tendenzialmente conservatore, e non lascia spazio proprio a quei giovani che ne fanno parte, e che vorrebbero davvero cambiare qualcosa. Due fronti, due prospettive, le stesse vittime: chi vuole cambiare qualcosa.
Permettere a tutti di parlare significa non avere pregiudizi. E credere nei partiti, nella loro forma istituzionale, non è un male: è una possibilità come un’altra di fare politica, che si può affiancare ad ogni tipo di movimento dal basso, ma senza che l’uno o l’altro debbano prevalere.

P.p.s.: Europeizzare l’Italia è il nostro obiettivo. Per cominciare dobbiamo spogliarci di tutti i pregiudizi e delle arretratezze italiane: cercare un linguaggio nuovo in politica, che rispetti la gente, che tenda al vero, al fatto, da cui partire per trovare una soluzione; intraprendere una via indipendente per il giornalismo, in cui la parte non influenzi la notizia (ancora non ho capito il significato di invitare giornalisti come ospiti “politicizzati”: il loro lavoro è informare, non favorire o meno qualcuno); e, infine, rifondare il concetto di partito e con esso quello di fare politica.


Victor Attilio Campagna

domenica 23 ottobre 2011

In piena



La notte era fradicia,
i pensieri latenti
e le lacrime
erano speranze
sorte la mattina dopo;
via Albricci tace,
assieme alla luna
promette di  andarsene
solo per un attimo,
giusto il tempo
di dire alle stelle
che è l’ora di smontare
e sussurrarti
che la notte è finita;

***

di te
rimane la rima, il rimmel…
le labbra
e quegli anfratti
di occhi spenti,
o semi ritratti
che ti si frangono
tra le onde delle gote
a mo’ di diaspora;
non reciti la parte
di una donna che non sei:
rimani nella tua carne
levata di ogni tristezza
nella tua verità
dove il vino non può,
tanto meno l’ineffabile.

È in questa piana che...
In questa piana hai ascoltato
le pieghe del granturco:
ne hai accarezzato la cima
sotto le tende di un vento perverso:
ti sei persa.

***

Tra un fiato e l’altro
straripa in petto
un grido di ritorno
-senza angeli però-
e a te, a te,
si sono impigliati i capelli
alle serrande del giorno.

Victor A. Campagna

sabato 15 ottobre 2011

Noi facciamo cultura, non loro


Già è cominciato il carosello. Non delle camionette della polizia, ma della politica. Subito emergono questi facinorosi, come fossero la rappresentazione della manifestazione, perdendo così ogni evidenza quello che quest’oggi si voleva rivendicare. Tutti ci siamo dissociati dalla violenza. Giustamente. Ma sappiamo già quello che succederà: certe parti politiche, senza aprire un vero discorso, diranno che la sinistra è violenta, facinorosa, distrugge le banche, e poi compatiranno i poveri poliziotti, che lavorano in condizioni obbrobriose. Succederà così, perché è sempre successo così, perché la politica è ipocrita. Una minoranza condizionerà una maggioranza. È un’ingiustizia immensa, perché una grande protesta pacifica è passata in secondo piano: una protesta con delle richieste e delle idee. Passerà in secondo piano il fatto che un ragazzo di Sinistra Ecologia e Libertà, tentando di allontanare un petardo, ha perso due dita, nonostante sia la rappresentazione di una maggioranza non violenta. Così come passerà in secondo piano quella scena che è stata diffusa da Repubblica.it, dove i manifestanti urlavano all’unisono “fuori!” agli incappucciati. Alcuni gli urlavano: fate vedere il volto. Passerà in secondo piano anche il fatto che gli incappucciati hanno assalito un ragazzo di SEL, solo perché gli urlava di andarsene via.
La vera manifestazione erano quegli uomini che si sono opposti insieme agli scontri. Ed è stata rovinata. Distrutta. Stracciata. Almeno, per l’informazione pubblica lo sarà. La violenza ce l’ha fatta. E la politica sarà brava a sfruttarla, a usarla come giustificazione per reprimere le idee che sono emerse durante il corteo, perché per loro è una necessità far dimenticare che i cortei sono espressioni fisiche di un’idea condivisa da 200.000 persone, che marcia e le diffonde in luoghi simbolici, in luoghi di potere. Ora queste idee saranno dimenticate. Il nostro compito sarà quello di fare in modo che esse abbiano spazio e che la violenza sia messa in secondo piano. Perché noi facciamo cultura. Non loro. 

Victor A. Campagna 

giovedì 22 settembre 2011

Adesso basta!


Giornalisti che sono politici mancati, incapaci di fare informazione; politici senza idee, che sembrano più che altro avvocati a tempo pieno; un premier che ci governa a tempo perso; talk show in cui si ripetono sempre le stesse cose, da 17 anni. Giustificazioni continue, imperterrite, accuse di giustizialismo, sesso, impotenza istituzionale. Incapacità retoriche, o retorica spicciola. Schifo, scandalo, vergogna. Tutto questo è il potere in Italia. Oggi parliamo di pornografia politica. All’estero reputano il nostro un governo inetto, inconsistente, debole. Un governo disinteressato al Paese, troppo impegnato a tutelare privilegi ingiustificati e ingiustificabili. In Spagna è nato un movimento contro il governo, subito dopo Zapatero ha proclamato le elezioni anticipate. In Germania il partito socialista sta trionfando dovunque, anche a Berlino. In Inghilterra c’è stata una rivolta violenta nelle periferie (non auspicabile anche in Italia, ma rimane comunque un segnale). E in Italia? Si sta avviando un autunno pieno di manifestazioni, proteste, contestazioni. Noi di To Skeptron siamo dalla loro parte. Perché non si tratta più di parti politiche. Si tratta del nostro Paese, del nostro futuro e della nostra identità. Perché siamo tutti stufi di essere guardati con un sorriso da inglesi, francesi e tedeschi. Siamo stanchi di essere il paese più ricco di cultura e insieme quello che investe di meno in essa. Siamo stanchi. E per questo vogliamo una politica nuova, fatta da noi, da noi che siamo considerati troppo giovani, che non abbiamo esperienza, che siamo l’anello debole: bisogna dimostrare che si sbagliano, che se questo paese è in questa situazione non è per colpa nostra – noi non abbiamo mai toccato uno scranno politico in vita nostra. E che noi non vogliamo lasciare che questo paese marcisca per i capricci di indagati, pregiudicati, appaltisti e mafiosi. È ora di dire basta. È ora di cominciare a cambiare e porre fine alla dittatura dell’ignoranza e del malaffare.

La Redazione

sabato 14 maggio 2011

E finalmente, dopo vari problemi col sito ufficiale di To Skeptron, ci siamo decisi a trovare una soluzione per i Download dei numeri precedenti del giornale!
Buona lettura!

Numero di Febbraio 2011: http://www.scribd.com/doc/55401703/giornalino-febbraio

Numero di Gennaio 2011: http://www.scribd.com/doc/55401593/giornalino-gennaio

Numero di Novembre 2010: http://www.scribd.com/doc/55401415/giornalino-novembre

Numero di Ottobre 2010: http://www.scribd.com/doc/55401107/giornalino-ottobre

venerdì 15 aprile 2011

LETTERA AD UN PAPA’ CHE NON VEDE


Papà,
è da un po’ che non
gioco con le bambole,
ma con pupazzi viventi.
Papà,
le mie bocche ormai
danno e ricevono
baci e abbracci.
Papà,
il mio corpo non è
più solo mio o
forse lo è di più.
Papà,
il mio cuore l’hanno
pestato in molti e
altri lo mangeranno.
Papà,
non abbassare
lo sguardo
ora che sono donna.

Angela Crucitti